Nel cuore di Hong Kong, il 9 marzo scorso, l'ex presidente filippino Rodrigo Duterte ha affrontato una folla di connazionali all'interno di uno stadio situato in un quartiere commerciale. Durante il discorso, Duterte ha risposto alle voci riguardanti un imminente mandato d'arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale (CPI). L’ex leader ha dichiarato che accetterebbe qualsiasi destino gli venisse riservato, affermando che i suoi atti erano motivati dal desiderio di portare pace e tranquillità al suo popolo. In città per sostenere i candidati del partito insieme alla figlia Sara, vice presidente attuale, Duterte è stato arrestato al suo ritorno a Manila, contraddicendo le previsioni che vedevano immuni leader come lui dagli ordini della CPI.
Rodrigo Duterte, ex sindaco di Davao prima di diventare presidente delle Filippine, si trova sotto accusa per crimini contro l’umanità legati alla sua “guerra alla droga”. Questa campagna, avviata nel 2016, ha causato la morte di decine di migliaia di persone, prevalentemente tossicodipendenti e piccoli spacciatori. Le indagini internazionali hanno incluso anche il periodo in cui Duterte era responsabile della sicurezza urbana nella sua città natale. A differenza di altri leader incriminati, come Omar al-Bashir o Vladimir Putin, Duterte non ha beneficiato dell'immunità grazie a manovre politiche interne.
L'arresto si inserisce in un contesto di conflitti tra due dinastie politiche filippine: i Marcos e i Duterte. Questa tensione è culminata dopo un accordo elettorale poco convincente durante le elezioni presidenziali del 2022, quando Sara Duterte, figlia dell'ex presidente, ha deciso di non sfidare Ferdinand Marcos Jr., ma di diventare sua vice. Successivamente, le tensioni sono esplose in minacce reciproche e accuse di malversazione finanziaria. Sara Duterte ha persino minacciato pubblicamente il presidente Marcos e la sua famiglia, dichiarando di voler riesumare il corpo del padre di Marcos e gettarne le ceneri in mare.
Questo clima di discordia ha facilitato l'esecuzione del mandato d'arresto da parte delle autorità nazionali, nonostante le Filippine avessero precedentemente ritirato l'adesione al trattato di Roma. Il caso Duterte rappresenta un raro successo per la CPI, dimostrando come le lotte interne possano influenzare l'applicazione della giustizia internazionale. Attualmente, l'ex presidente sta collaborando con le autorità legali, mentre la sua udienza preliminare è stata fissata per il 23 settembre.
Il futuro politico delle Filippine rimane incerto, specialmente con le elezioni di medio termine in arrivo il 12 maggio. La popolarità di Duterte, basata sul suo carisma e sui metodi spietati, continua ad influenzare l'opinione pubblica. Esperti avvertono che la faida tra i clan politici potrebbe destabilizzare ulteriormente il paese, trasformandosi in una guerra personale con gravi conseguenze economiche e sociali. Gli occhi sono ora puntati sugli elettori filippini, chiamati a decidere il destino politico del loro paese in un momento delicato.