Il recente ordine esecutivo firmato dal presidente degli Stati Uniti ha portato a misure restrittive contro la Corte Penale Internazionale, accusata di agire in modo illegale. Questo provvedimento proibisce l'ingresso negli USA a funzionari coinvolti nelle indagini della Corte e congelamento dei loro beni nel paese. La decisione riguarda anche i familiari più stretti. Nel 2020, simili sanzioni erano state già imposte a una figura chiave della Corte. L'obiettivo principale è contrastare le indagini sui presunti crimini di guerra commessi da forze statunitensi e israeliane. Questo gesto ha suscitato reazioni contrastanti, dall'appoggio israeliano alla critica dell'Unione Europea.
L'ordinanza esecutiva emanata il 6 febbraio impone restrizioni severe ai membri della Corte Penale Internazionale. Queste misure includono la proibizione di ingresso negli Stati Uniti per coloro che sono coinvolti nelle attività investigative della Corte, oltre al congelamento dei loro beni americani. Anche i parenti diretti di questi individui sono soggetti alle stesse restrizioni. Questo provvedimento segue una linea di azione simile a quella adottata nell'anno precedente, quando specifiche sanzioni erano state applicate a un'ex-procuratrice della Corte.
Le motivazioni dietro questa decisione si basano sulle accuse di illegalità e mancanza di fondamento legale rivolte alla Corte. Le indagini condotte sulla presunta responsabilità di crimini di guerra da parte delle truppe statunitensi in Afghanistan e dei soldati israeliani nella Striscia di Gaza sono state particolarmente critiche. Inoltre, i mandati d'arresto emessi contro alti ufficiali israeliani hanno generato indignazione negli Stati Uniti. Tanto gli USA quanto Israele non fanno parte della Corte Penale Internazionale, istituzione fondata nel 2002 con sede all'Aja nei Paesi Bassi.
La reazione internazionale alla decisione del governo americano è stata variegata. Il ministro degli esteri israeliano ha espresso soddisfazione per l'iniziativa, descrivendo le azioni della Corte come illegittime e immorali. Dall'altra parte, la Corte Penale Internazionale ha risposto con fermezza, sostenendo che queste misure mirano a compromettere la sua imparzialità e indipendenza. Ha dichiarato l'intenzione di proseguire nel suo compito di garantire giustizia globale.
L'Unione Europea ha anch'essa manifestato disappunto per le sanzioni, riservandosi la possibilità di adottare contromisure. Questo scenario complesso evidenzia le tensioni geopolitiche tra diversi attori globali e mette in luce le sfide affrontate dalla Corte Penale Internazionale nel mantenere la propria autonomia. Le implicazioni di questa mossa potrebbero influenzare significativamente le dinamiche internazionali future, creando incertezza riguardo alla capacità della Corte di operare senza interferenze politiche.