Nel cuore del complesso mondo finanziario italiano, si sta svolgendo un'epica battaglia legale tra due giganti del settore, Mediobanca e Generali, da un lato, e Francesco Gaetano Caltagirone e la Delfin della famiglia Del Vecchio, dall'altro. Lo scontro giunge pochi giorni prima dell'assemblea di Generali prevista per il 24 aprile, dove si discuterà l'elezione del nuovo consiglio d'amministrazione. Le accuse ruotano attorno alla presunta esistenza di un "patto occulto" tra i due soci maggiori, che potrebbe compromettere le regole di governance e influenzare notevolmente il controllo su importanti entità finanziarie italiane come Generali e Mediobanca.
In un tentativo di chiarire la situazione, sia Mediobanca che Generali hanno sollevato questioni presso le autorità di vigilanza, incluso Consob e la Banca Centrale Europea (BCE). Si afferma che Caltagirone e Del Vecchio agiscano in modo concertato senza dichiararlo formalmente, violando così gli accordi precedentemente stipulati con le autorità. Questa strategia potrebbe permettere loro di acquisire una fetta significativa del sistema finanziario italiano, influenzando decisioni cruciali.
Mediobanca ha presentato documenti alle autorità competenti evidenziando preoccupazioni relative all'offerta pubblica di scambio lanciata da Monte Paschi (Mps) su Mediobanca stessa. Se tale operazione dovesse procedere secondo le attuali condizioni, Del Vecchio e Caltagirone potrebbero arrivare a controllare oltre il 30% del capitale di Mediobanca, consentendo loro di influenzare direttamente anche Generali, dato che Mediobanca è uno dei principali azionisti della compagnia assicurativa.
L'altra parte interessata nega tali accuse, sottolineando che non vi è alcuna prova concreta di un accordo segreto. Fonti vicine ai due azionisti sostengono che ogni decisione presa sia sempre stata conforme agli impegni assunti con le autorità di vigilanza. Inoltre, viene ricordato che in precedenti assemblee, quando Del Vecchio e Caltagirone hanno votato insieme, c'è stato un esplicito patto di voto.
Il dibattito si fa particolarmente acceso considerando le percentuali di proprietà all'interno delle varie società coinvolte. Caltagirone detiene circa il 7% di Generali e quasi lo stesso percentuale in Mediobanca, mentre Delfin possiede poco meno del 10% di Generali e quasi il 20% di Mediobanca. La loro posizione strategica lungo tutta la catena societaria rende cruciale comprendere se e come collaborino nei processi decisionali.
Piazzetta Cuccia, sede storica di Mediobanca, ha espresso preoccupazioni sulla fragilità della governance aziendale derivante dalle operazioni proposte, avvertendo sul rischio che il modello di business ciclico di Mps possa estendersi a Mediobanca, compromettendo ulteriormente la sua stabilità.
Lo scontro legale aperto da Mediobanca e Generali riflette una disputa che va ben al di là delle semplici accuse di collusionismo. Esso mette in luce tensioni fondamentali all'interno del tessuto finanziario italiano, con implicazioni significative per la governance e l'indipendenza delle istituzioni coinvolte. L'esito dell'assemblea di Generali il 24 aprile sarà determinante per capire se queste accuse troveranno conferma o se verranno archiviate, lasciando spazio a nuovi equilibri all'interno del panorama finanziario nazionale.