Nel mondo del calcio italiano, il fenomeno dell'azzardo compulsivo è sempre più frequente. Secondo l'esperto Paolo Jarre, almeno uno su cinque calciatori si dedica al gioco d'azzardo, un problema che coinvolge non solo gli aspetti economici ma anche quelli psicologici. L'intervento di Jarre mette in evidenza la vulnerabilità dei giovani calciatori, particolarmente sensibili all'altalena emotiva causata dal gioco.
In un contesto sociale sempre più digitalizzato, l'uso degli smartphone ha reso accessibile il gioco d'azzardo 24 ore su 24, influenzando negativamente una fascia età compresa tra i 18 e i 25 anni. Secondo Jarre, oltre a essere influenzati dalla facilità con cui possono scommettere, i calciatori spesso soffrono di noia e mancanza di stimoli culturali o intellettuali. Questa situazione crea un circolo vizioso, dove l'eccitazione emotiva derivante dalle scommesse diventa una dipendenza difficile da gestire.
Le statistiche mostrano che nella Serie A italiana, circa 100-150 calciatori potrebbero trovarsi in questa situazione problematica, sebbene solo pochi casi vengano resi pubblici. L'anonimato e la paura del giudizio sociale impediscono a molti di cercare aiuto prima che sia troppo tardi.
Dalla prospettiva di un terapeuta come Jarre, la ricerca di emozioni forti attraverso le scommesse è legata alla produzione di dopamina, un neurotrasmettitore associato al piacere e alla gratificazione istantanea. Questa dinamica rende il gioco d'azzardo particolarmente insidioso per chiunque abbia accesso facile e illimitato.
Da un punto di vista giornalistico, il caso rappresenta un monito importante: la notorietà e il successo finanziario non sono scudi contro le tentazioni moderne. Anzi, possono accentuare problemi esistenti, come dimostrano le storie di numerosi calciatori coinvolti in indagini legali legate alle scommesse. La soluzione passa attraverso una maggiore consapevolezza e l'accesso a servizi di supporto specializzati.