Il 6 febbraio, Israele ha annunciato l'inizio dei preparativi per un eventuale trasferimento volontario degli abitanti della Striscia di Gaza. Questa decisione segue le recenti affermazioni del presidente statunitense Trump riguardo al possibile controllo degli Stati Uniti su Gaza e al trasferimento della popolazione all'estero. L'annuncio ha sollevato forti reazioni internazionali, con diverse nazioni e organizzazioni mondiali che hanno espressamente condannato l'idea come una forma di "pulizia etnica". Le Nazioni Unite, insieme ad altri paesi arabi e all'Unione europea, hanno espresso preoccupazione e rifiuto nei confronti di questo piano.
Nel contesto di un crescente dibattito geopolitico, il ministro della difesa israeliano Israel Katz ha ordinato all'esercito di elaborare un piano per consentire ai residenti di Gaza che desiderano partire di farlo verso qualsiasi paese sia disposto ad accoglierli. Secondo le dichiarazioni di Katz, i mezzi di trasporto includerebbero strade terrestri nonché viaggi via mare e aria. Questa mossa arriva in un momento in cui la situazione nella Striscia di Gaza è già tesa, con oltre 2,4 milioni di palestinesi bloccati nel territorio devastato da mesi di conflitti tra Israele e Hamas. Nonostante una fragile tregua sia entrata in vigore il 19 gennaio, la vita quotidiana resta difficile per molti.
Le proposte di Trump hanno generato controversie significative. Il leader americano ha suggerito che gli Stati Uniti potrebbero assumere il controllo di Gaza e che la popolazione potrebbe essere temporaneamente trasferita in paesi vicini come Egitto e Giordania, anche se entrambi i paesi si sono dichiarati contrari. In un'intervista alla Fox News, il primo ministro israeliano Netanyahu ha accolto calorosamente l'idea, mentre il suo alleato di estrema destra, Bezalel Smotrich, ha espresso il proprio appoggio. Dall'altra parte dello spettro politico, Hamas ha accusato Trump di alimentare ulteriormente la tensione, e il presidente palestinese Abu Mazen ha respinto categoricamente il piano.
La comunità internazionale ha risposto con preoccupazione. Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha sottolineato l'importanza di evitare qualunque forma di pulizia etnica. Anche il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi ha avvertito contro il trasferimento forzato degli abitanti palestinesi. Paesi come Giordania, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e la Lega araba hanno altrettanto respinto il piano, così come l'Unione europea. Gli esperti politici temono che queste dichiarazioni possano compromettere le relazioni tra Israele e l'Arabia Saudita, una priorità della politica estera americana.
L'annuncio di Israele e le successive reazioni hanno evidenziato le complesse dinamiche geopolitiche della regione. Mentre alcuni sostengono l'idea di un trasferimento volontario come soluzione, altri la vedono come una minaccia alla stabilità e alla sicurezza della zona. La comunità internazionale continua a monitorare attentamente lo sviluppo della situazione, sperando in una risoluzione pacifica che rispetti i diritti umani e promuova la giustizia.