Cronaca
La decisione della CEDU su Caster Semenya: tra equità processuale e questioni di discriminazione
2025-07-10
La recente sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) sul caso di Caster Semenya, atleta sudafricana di fama mondiale, ha acceso i riflettori su questioni complesse che intersecano il diritto sportivo, i diritti umani e le dinamiche di genere nell'ambito delle competizioni agonistiche. Sebbene la Corte non abbia affrontato direttamente la questione della discriminazione legata ai livelli di testosterone, ha sollevato interrogativi cruciali sulla garanzia di un processo equo e sulla necessità di una rigorosa valutazione dei diritti fondamentali degli atleti.

Giustizia sportiva: il delicato equilibrio tra regole e diritti

La posizione della Corte Europea dei Diritti Umani sul caso Semenya: una vittoria parziale con risvolti complessi

Il 10 luglio, la Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU), con sede a Strasburgo, ha emesso una sentenza che ha parzialmente sostenuto l'atleta sudafricana Caster Semenya. La Corte ha evitato di pronunciarsi sulla presunta discriminazione subita dall'atleta, escludendola dalle competizioni di atletica leggera dal 2018 a causa del suo rifiuto di sottoporsi a trattamenti per ridurre i livelli di testosterone. Tuttavia, la CEDU ha riconosciuto che l'atleta, due volte campionessa olimpica negli 800 metri, non ha beneficiato di un processo equo in Svizzera. Questo significa che, pur condannando Berna per aver violato il diritto a un processo equo, la Corte ha dichiarato inammissibile una parte del ricorso di Semenya, la quale denunciava violazioni del diritto alla privacy e si considerava vittima di discriminazione. In precedenza, nell'estate del 2023, la CEDU aveva accolto il ricorso di Semenya. Tuttavia, la Grande Camera, una sorta di corte d'appello cui si erano rivolte le autorità svizzere con il supporto della World Athletics, la federazione internazionale di atletica leggera, ha stabilito il 10 luglio che la CEDU non ha competenza in materia di discriminazione diretta legata ai livelli di testosterone.

Le implicazioni finanziarie per la Svizzera e la persistente battaglia di Semenya

La CEDU ha comunque accolto il ricorso di Caster Semenya per quanto riguarda il diritto a un processo equo, come sancito dalla Convenzione europea dei diritti umani, che avrebbe richiesto una "valutazione particolarmente rigorosa del suo caso". Secondo Matthias Guyomar, presidente della CEDU, ciò non è avvenuto in occasione di una decisione del Tribunale federale svizzero, al quale Semenya si era rivolta per contestare una sentenza del Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS). Di conseguenza, la Svizzera è stata condannata a versare a Semenya 80.000 euro per le spese processuali. Esclusa dalle competizioni dal 2018, Semenya, che produce naturalmente elevate quantità di ormoni maschili in grado di aumentare la massa muscolare e migliorare le prestazioni, sta continuando la sua battaglia contro una normativa della World Athletics che impone alle atlete iperandrogene di ridurre i loro livelli di testosterone attraverso trattamenti ormonali per poter partecipare alle competizioni internazionali femminili.

La reazione di Semenya e le prospettive future della sua \"battaglia\"

Caster Semenya, 34 anni, ha accolto la decisione della CEDU definendola un "risultato positivo". Ha aggiunto che la sentenza "ricorda a tutti che la priorità è proteggere gli atleti" e ha sottolineato che "la battaglia non è finita". La sua avvocata, Schona Jolly, ha dichiarato che in futuro "tutti gli atleti avranno diritto a un esame rigoroso di casi in cui sono in gioco i loro diritti fondamentali". Nel 2018, la World Athletics aveva modificato il regolamento sulla partecipazione delle atlete iperandrogene alle competizioni internazionali. Questo regolamento era stato confermato nel 2019 dal TAS, con sede in Svizzera, e successivamente dal Tribunale federale di Losanna, che nel 2020 aveva affermato che "l'equità delle competizioni è il principio cardine dello sport", evidenziando che livelli di testosterone paragonabili a quelli degli uomini conferiscono alle atlete iperandrogene "un vantaggio enorme".

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