Nel libro Prisonnière à Téhéran, l'antropologa franco-iraniana Fariba Adelkhah offre un'analisi profonda e personale dell'interno del carcere di Evin. Detenuta dal 2019 al 2023, Adelkhah utilizza la sua esperienza per esplorare i meccanismi repressivi del regime iraniano, mettendo in luce le dinamiche complesse all'interno della prigione. Questo testo non solo descrive le condizioni di detenzione, ma anche come la struttura carceraria riflette le tensioni e le divisioni della società iraniana. Le sue osservazioni forniscono una prospettiva unica su come le diverse fazioni politiche e religiose interagiscono all'interno delle mura della prigione.
L'autrice racconta le proprie vicende durante il periodo di detenzione, sottolineando le differenze tra le strutture di potere all'interno del carcere. La sua permanenza iniziale sotto la custodia dei Guardiani della Rivoluzione e poi il trasferimento al ministero dell'intelligence evidenzia le complessità del sistema penitenziario iraniano. Queste esperienze personali offrono un quadro vivido delle pratiche arbitrarie e ingiuste che caratterizzano il trattamento dei detenuti politici.
Adelkhah descrive con precisione i vari stadi della sua detenzione, dai mesi segreti trascorsi sotto la sorveglianza dei Guardiani della Rivoluzione fino al suo trasferimento a Evin dopo uno sciopero della fame. Nel 2020, passò nelle mani del ministero dell'intelligence, subendo una condanna ingiusta a cinque anni di reclusione. Nonostante la breve libertà condizionata, fu riportata a Evin nel 2022. Infine, ottenne la grazia dell'ayatollah Ali Khamenei nel febbraio 2023. Questa narrazione personale svela le contraddizioni e le brutalità del sistema giudiziario iraniano.
Adelkhah approfondisce le dinamiche sociali all'interno della prigione femminile di Evin, analizzando come le diverse fazioni politiche e religiose interagiscano. La sua prospettiva di antropologa offre una visione critica della vita quotidiana in carcere, esaminando aspetti come l'intimità, l'igiene, il cibo e i rapporti con le guardie. Queste osservazioni rivelano una realtà multiforme e talvolta paradossale, dove solidarietà e conflitti coesistono.
In particolare, Adelkhah si sofferma sui diversi gruppi presenti nella sezione femminile, dalle realiste alle mujahidin del popolo, fino alle convertite al cristianesimo e alle bahá'í. Ogni gruppo ha le proprie peculiarità e dinamiche interne, che contribuiscono alla formazione di una microsocietà all'interno della prigione. L'autrice indaga anche sul fenomeno delle "rondini", ovvero le informanti, e sul ruolo del furto nella quotidianità carceraria. Questa analisi sociale rivela come la prigione diventi uno specchio della società iraniana, riflettendo le sue tensioni e contraddizioni.