Il rapporto presentato dal Tavolo asilo e immigrazione esamina le implicazioni legali ed etiche del protocollo Italia-Albania, che consente il trasferimento forzato di richiedenti asilo in Albania. Questo accordo è stato oggetto di critiche severe per la sua implementazione rapida e arbitraria, nonché per i dubbi sulla sua conformità con le normative europee. L'analisi si concentra sui centri extraterritoriali albanesi e sulle procedure accelerate di valutazione delle domande di asilo. In parallelo, la Corte di giustizia dell'Unione europea sta esaminando la definizione e l'applicazione del concetto di "paese sicuro", un elemento cruciale per determinare la legittimità del protocollo.
I centri extraterritoriali di Shëngjin e Gjadër sono stati messi in discussione per le loro funzioni multiple e la rapidità con cui vengono condotte le procedure di valutazione. Il documento sottolinea come la situazione di detenzione e la mancanza di informazioni complete rendano difficile per i migranti comprendere e far valere i propri diritti. Le criticità emergono anche nella gestione delle vulnerabilità e nell'applicazione generalizzata delle procedure accelerate.
Le strutture di Shëngjin e Gjadër rappresentano luoghi di trattenimento dove si compiono identificazioni rapide e fornite informazioni iniziali ai migranti. Nonostante ciò, la privazione della libertà e la velocità degli eventi impediscono una piena comprensione della situazione da parte dei soggetti coinvolti. Il centro di Gjadër, in particolare, presenta diverse forme di detenzione che sollevano interrogativi sulla natura giuridica della struttura e sulle garanzie riconosciute. La concentrazione di queste funzioni all'interno dello stesso spazio ha portato a dubbi sulla legittimità delle operazioni e sulla protezione dei diritti fondamentali.
Il processo di valutazione delle vulnerabilità e l'applicazione delle procedure accelerate sono state messe in dubbio per la loro adeguata implementazione. Le fasi di selezione e prescreening a bordo delle navi militari hanno sollevato preoccupazioni sulla correttezza delle decisioni prese in alto mare. Il rapporto evidenzia come questo contesto possa compromettere la legittimità dell'intero accordo.
La fase di valutazione delle vulnerabilità avviene in condizioni che non permettono un'analisi accurata e completa. Circa il 10% delle persone inizialmente ritenute non vulnerabili viene poi dichiarato vulnerabile, mettendo in discussione l'efficacia del processo. La detenzione prolungata fin dalla fase di selezione in mare e successivamente nei centri albanesi solleva questioni sulla legittimità delle pratiche adottate. Inoltre, l'impossibilità di esercitare il diritto alla difesa in modo adeguato, dovuta all'isolamento e alla difficoltà di accesso a un'assistenza legale efficace, pone ulteriori ostacoli ai richiedenti asilo. Queste criticità espongono le persone coinvolte a rischi significativi e mettono in dubbio la conformità del protocollo con le leggi europee e internazionali.