In un passo significativo verso una politica commerciale più protettiva, gli Stati Uniti hanno annunciato l'adozione di tariffe doganali del 25% sulle auto prodotte all'estero. Questa decisione, che entra in vigore a partire dal 2 aprile, esclude alcune componenti coperte dall'accordo di libero scambio nordamericano, ma colpisce duramente i principali produttori europei e asiatici. Con circa 7 milioni di vetture importate ogni anno negli Stati Uniti, il settore automobilistico mondiale si trova ad affrontare una sfida senza precedenti. Le ripercussioni economiche sono già visibili sui mercati finanziari globali, con azioni delle maggiori case automobilistiche che registrano forti perdite.
Con la decisione presa dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, le conseguenze si fanno sentire immediatamente sia a livello industriale che finanziario. L'Europa, leader nel mercato automobilistico statunitense, è particolarmente vulnerabile, con marchi come Volkswagen e BMW che vedono le proprie esportazioni minacciate. Nel 2024, le vendite di auto europee negli Stati Uniti ammontavano a 38,4 miliardi di euro, una quota essenziale del loro fatturato totale. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha espresso preoccupazione riguardo all'impatto di questa misura sull'industria automobilistica europea.
Anche il Canada e il Messico subiscono effetti significativi, nonostante alcune esenzioni previste dall'accordo di libero scambio nordamericano. L'industria automobilistica rappresenta il 10% del settore manifatturiero canadese e il 5% del PIL messicano, con numerose fabbriche situate lungo il confine con gli Stati Uniti. Il premier canadese Mark Carney ha ribadito la necessità di proteggere gli interessi commerciali nazionali.
Gli effetti si estendono anche al Giappone e alla Corea del Sud, due paesi che dipendono fortemente dalle esportazioni automobilistiche verso gli Stati Uniti. Marchi come Toyota, Honda e Hyundai potrebbero vedere un calo delle vendite a causa dell'aumento dei prezzi stimato tra i 5.000 e i 10.000 dollari per veicolo. Secondo analisti di Wedbush, questo aumento potrebbe ridurre la competitività delle auto importate rispetto a quelle prodotte negli Stati Uniti, beneficiando marchi locali come General Motors e Ford.
I mercati finanziari hanno reagito rapidamente: Wall Street ha registrato forti perdite per aziende come Ford e General Motors, mentre titoli asiatici come quelli di Toyota e Hyundai hanno subito pesanti scosse. In Italia, Stellantis e Iveco hanno visto le proprie quotazioni precipitare, mentre Ferrari è riuscita a contenere le perdite.
Nel lungo termine, l'obiettivo dichiarato da Trump è quello di rilocalizzare la produzione automobilistica negli Stati Uniti, tuttavia molti economisti temono effetti collaterali negativi come l'aumento dei prezzi e la riduzione della concorrenza.
Da un punto di vista globale, quasi il 50% delle auto vendute negli Stati Uniti lo scorso anno era importato, rendendo questa decisione cruciale per l'intero settore automobilistico.
La decisione di imporre tariffe doganali sulle auto importate evidenzia un cambiamento radicale nella politica commerciale globale. Sebbene l'intento sia quello di proteggere l'economia nazionale americana, i rischi di una guerra commerciale sono reali e potrebbero avere conseguenze imprevedibili. Dall'altra parte, le opportunità per l'innovazione e la produzione locale possono emergere come un aspetto positivo. Per le aziende automobilistiche europee e asiatiche, la sfida sarà quella di reinventarsi e trovare nuovi mercati o strategie competitive per mitigare l'impatto di queste misure restrittive. Alla fine, sarà necessario un equilibrio tra protezionismo e apertura per garantire uno sviluppo sostenibile nel lungo termine.