Questo evento non è solo un tributo, ma una promessa per le future generazioni: quella di non dimenticare mai le radici del "nobile calcio" rappresentato da Giorgio Dal Monte.
Nel contesto difficile del dopoguerra, il calcio si è trasformato in un rifugio spirituale per molte comunità italiane, compresa quella valdostana. In quegli anni, la Cogne, l'emigrazione e il duro lavoro convivevano con i sogni di gloria che spesso si realizzavano sul campo da gioco. Fu in questo clima che Giorgio Dal Monte, noto come "Roccia", emerse come uno dei simboli di speranza per Aosta e tutta la regione.
La sua carriera, fin dai primi passi, fu segnata da un'incredibile dedizione e passione. Ogni sua mossa, ogni gol, diventava motivo di esultanza per una comunità che vedeva in lui la prova che anche dalle montagne potevano emergere grandi talenti. Le sue prestazioni, caratterizzate da un'abilità straordinaria e da una grinta inconfondibile, lo resero ben presto una figura ammirata in tutta Italia.
Il 1952 segnò un punto di svolgimento nella vita di Giorgio Dal Monte. A soli 21 anni, salì su un treno diretto verso Genova, dove avrebbe vestito i colori del Genoa. Il suo trasferimento, celebrato con grande enfasi, rappresentò una vittoria non solo personale, ma collettiva per Aosta. Era il momento in cui il sogno diventava realtà, dimostrando che anche i giovani valdostani potevano competere sui più grandi palcoscenici nazionali.
Con il Genoa, Giorgio contribuì decisamente al ritorno della squadra in Serie A, mettendo a segno otto importanti reti. Ma la sua ascesa non si fermò lì. Nel 1955, venne chiamato dal Milan, allora in uno dei periodi più gloriosi della sua storia. Accanto a leggende come Nils Liedholm, Gunnar Nordahl e Cesare Maldini, Giorgio scrisse il proprio nome nei libri di storia, conquistando 15 reti in sole 21 presenze. Sotto la guida di Puricelli, il Milan arrivò secondo in campionato e vinse la Coppa Latina, confermando la propria posizione tra i migliori club europei.
Dopo aver raggiunto le vette del successo, Giorgio Dal Monte tornò a Genova nel 1956, continuando a brillare con il Genoa fino al 1961. Durante questi anni, mantenne costantemente alto il livello delle sue prestazioni, segnando numerosi gol fondamentali per la squadra rossoblu. Tuttavia, come accade spesso nel mondo dello sport, la fama può essere effimera. Dopo aver toccato l'apice, l'oblio arriva rapidamente, lasciando spazio a nuove stelle.
Nonostante ciò, Giorgio Dal Monte non sarà mai dimenticato. La sua parabola, seppur breve per alcuni, ha lasciato un segno profondo non solo nel mondo del calcio, ma nella memoria collettiva di Aosta. Lo stadio di Tsambarlet, ora intitolato a lui, celebra non solo l'uomo, ma anche un'epoca in cui il calcio era praticato con pura passione e sacrificio. La sua dedizione e il suo spirito combattivo continuano ad ispirare chiunque ami questo sport.
Questa cerimonia di inaugurazione non è solo un atto di riconoscenza, ma una promessa per le generazioni future. Rappresenta l'impegno di non dimenticare mai le radici del "nobile calcio" incarnato da Giorgio Dal Monte. È un richiamo a ricordare che il calcio non deve mai perdere il senso di appartenenza e la capacità di emozionare.
Forse, un giorno, quel tipo di calcio potrebbe tornare a illuminare le nostre vite, riportando la magia e l'umiltà che hanno contraddistinto le gesta di Giorgio Dal Monte. Una magia che continua a vivere nei cuori di chi lo ha visto correre, dribblare e segnare, lasciando un'eredità indimenticabile per sempre.