Cronaca
Comprendere i figli adolescenti attraverso il cinema
2025-03-13

In un mondo in cui la comunicazione tra genitori e figli adolescenti spesso si riduce a brevi monosillabi, una madre riflette sulla distanza crescente con i suoi due figli di 14 e 16 anni. Preoccupata per l'assenza di dialogo emotivo, scopre nel film "Diciannove" di Giovanni Tortorici una chiave di lettura per capire meglio questa fase della vita dei giovani. Attraverso le interpretazioni intense di Manfredi Marini, il regista offre uno sguardo intimo sulle complesse emozioni che caratterizzano l'adolescenza, lasciando un messaggio importante ai genitori: accettare la loro momentanea inaccessibilità senza smettere di stare vicino.

Un viaggio interiore nel cuore dell'adolescenza

Nel cuore della Sicilia, tra le strade di Palermo, nasce la storia toccante di un ragazzo che attraversa i turbamenti tipici dei diciannove anni. In questo periodo cruciale della vita, i figli, come quelli di Micaela, sembrano perdere la spontaneità infantile per entrare in un mondo segreto e personale. Il film "Diciannove", presentato nei cinema, racconta con delicatezza l'universo interiore di un adolescente attraverso l'interpretazione profonda di Manfredi Marini. L'autorevolezza del regista Tortorici sta nella sua scelta di non universalizzare l'esperienza ma di lasciare emergere l'unicità delle sensazioni e paure legate all'età adolescenziale.

Da un punto di vista giornalistico, è evidente come il film possa offrire ai genitori un modo per comprendere meglio le sfumature emotive dei propri figli adolescenti. Più che cercare risposte dirette, potrebbe essere utile accettare questa fase di crescita come parte naturale del loro sviluppo personale. La presenza silenziosa e continua dei genitori può diventare un ponte verso una maggiore apertura futura.

Guardando "Diciannove", si impara che ascoltare non significa sempre ottenere parole esplicite; talvolta basta la semplice disponibilità ad accogliere quando sarà il momento giusto. Questa consapevolezza ci invita a pazientare e a mantenere viva la connessione familiare, anche in assenza di conversazioni immediate.

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