L'accordo tra Israele e Hamas per il rilascio di ostaggi ha aperto la strada al ritorno di decine di migliaia di sfollati palestinesi nelle loro città e villaggi nel nord della Striscia di Gaza. Questa mossa, avvenuta dopo quindici mesi di conflitto, ha permesso a un gran numero di persone di iniziare il viaggio verso le proprie abitazioni, nonostante alcune difficoltà logistiche e tensioni politiche. Le immagini mostrano una costante processione di abitanti che avanzano lungo la strada costiera, mentre altri rimangono bloccati vicino ai posti di controllo israeliani.
Con l'apertura del varco pedonale alle prime ore del 27 gennaio, più di duecentomila individui hanno potuto raggiungere il settentrione della Striscia di Gaza. Questo movimento rappresenta una tappa cruciale per la comunità locale, che cerca di ricongiungersi con le proprie radici e affrontare le sfide poste dalla guerra. I video registrati testimoniano un flusso continuo di persone che procedono cariche di bagagli o spingendo carretti lungo la strada costiera, dimostrando determinazione e speranza.
La decisione di permettere il ritorno degli sfollati è stata presa dopo che Hamas si era impegnato a liberare sei ostaggi entro i primi giorni di febbraio. Nonostante questo accordo, sono emerse complicazioni. Alcuni veicoli sono rimasti bloccati su una strada secondaria a causa dei controlli militari israeliani. Inoltre, si è scoperto che otto dei ventisei ostaggi previsti per il rilascio erano già deceduti, aggiungendo ulteriore tensione alla situazione. Questo evento sottolinea l'urgenza di risolvere le questioni umanitarie e di sicurezza in modo tempestivo.
Hamas e le autorità palestinesi hanno enfatizzato come il ritorno degli sfollati segni una vittoria contro i tentativi di occupazione e trasferimento forzato. Questo discorso risponde alle proposte avanzate dal presidente statunitense Donald Trump riguardo il possibile trasferimento degli abitanti della Striscia di Gaza verso paesi vicini. L'idea ha sollevato preoccupazioni e rifiuti da parte di molti paesi arabi, che vedono in essa una forma di "pulizia etnica".
I leader palestinesi hanno dichiarato che tale prospettiva richiama dolorosi ricordi dell'esodo del 1948, noto come "Nakba" o "catastrofe", che seguì la creazione dello stato d'Israele. Paesi come Giordania ed Egitto, già ospiti di numerosi rifugiati palestinesi, hanno reiterato il loro rifiuto a qualsiasi forma di trasferimento forzato. La Lega Araba ha condannato pubblicamente il piano, accusandolo di violare i diritti fondamentali delle popolazioni coinvolte. Mentre alcuni politici israeliani lodavano l'iniziativa di Trump, le autorità palestinesi hanno ribadito la necessità di rispettare l'autodeterminazione e la sovranità del popolo di Gaza.