Nella primavera del 2023, le autorità tunisine hanno intrapreso un'operazione per sgomberare accampamenti informali situati nei pressi della città costiera di Sfax. Queste strutture ospitavano migliaia di migranti provenienti dall'Africa subsahariana e da paesi come Pakistan e Bangladesh. L'iniziativa è stata avviata dopo proteste da parte dei residenti locali, che si lamentavano dell'occupazione dei loro terreni agricoli. In parallelo, in Libia, il governo di Tripoli ha sospeso le attività di diverse organizzazioni umanitarie, accusandole di manipolare la composizione demografica nazionale.
In una mattina tersa di aprile, le forze dell'ordine tunisine hanno preso il controllo delle campagne intorno a Sfax, dove migliaia di migranti avevano cercato rifugio. La decisione di sgomberare tali insediamenti informali è stata motivata dalle proteste dei residenti locali, preoccupati per l'occupazione dei loro uliveti. Sfax, nota per essere un punto di partenza per traversate verso l'Europa, ha visto un calo significativo nei flussi migratori dopo un accordo tra il governo tunisino e Bruxelles. Questo accordo ha lasciato numerosi migranti bloccati nel paese, senza alternative praticabili.
Contemporaneamente, in Libia, il governo di Tripoli ha imposto restrizioni alle attività di dieci organizzazioni umanitarie, comprese Medici Senza Frontiere e Cesvi. Le accuse rivolte contro queste istituzioni riguardano un presunto piano per influenzare la composizione demografica libica, incoraggiando l'insediamento di migranti africani all'interno del paese.
Dalla prospettiva di un giornalista, questo scenario mette in evidenza i conflitti crescenti tra le esigenze umanitarie e le politiche nazionali in materia di immigrazione. La situazione richiede un approccio più equilibrato e compassionevole, capace di rispettare sia i diritti dei migranti che le legittime preoccupazioni delle comunità locali. È fondamentale promuovere dialoghi internazionali che possano trovare soluzioni durature a questa crisi globale.