La questione del valore intrinseco dell'esame di maturità si pone con forza in un contesto in cui la semplice valutazione delle conoscenze acquisite sembra non bastare più. È un momento per riflettere sull'effettiva utilità di questa prova finale, al di là del suo scopo tradizionale di certificazione del percorso di studi.
Un giovane liceale di Bologna, Marcello, offre una prospettiva illuminante sull'esame orale. Egli non lo vede come un ostacolo da superare per ottenere un punteggio, ma come un'occasione irripetibile per presentarsi e parlare di fronte a un pubblico di adulti attenti. La sua aspirazione non è essere giudicato, bensì riconosciuto e visto per la persona che è, con le sue idee e la sua autenticità, piuttosto che per le aspettative altrui. Questo punto di vista trasforma l'esame in un vero e proprio atto di espressione personale.
Le parole di Marcello hanno scatenato un vivace dibattito nel mondo digitale. Alcuni, come Maria Grazia, hanno elogiato la sua maturità e la sua visione proattiva, incoraggiando i giovani a mostrare i propri talenti e progetti. Altri, tuttavia, come Franca, hanno interpretato le sue affermazioni come una forma di vittimismo o narcisismo, vedendo nell'esame solo un'ennesima esibizione priva di sostanza. Questa polarizzazione riflette le diverse percezioni del ruolo e del significato dell'esame di stato nella società contemporanea.
Alla luce di queste diverse interpretazioni, l'articolo si rivolge direttamente a Camilla, una studentessa in procinto di affrontare l'esame orale, ponendole una domanda fondamentale: intende l'esame come una mera riprova delle conoscenze accumulate negli anni scolastici, o come un'opportunità unica per manifestare la propria individualità e le proprie aspirazioni? La decisione di come vivere questa esperienza trasforma il significato stesso della prova, rendendola un capitolo significativo nel percorso di crescita personale.