L'indice principale della Borsa Italiana, il FTSE MIB, rispecchia in modo unico la situazione economica interna. Questo indice, che racchiude le 40 aziende più capitalizzate e liquide, rappresenta circa l'80% del valore complessivo degli scambi di Piazza Affari. A differenza dei suoi omologhi europei come il DAX tedesco o il CAC 40 francese, il FTSE MIB è fortemente influenzato dall'economia domestica. Secondo Gabriel Debach, analista di mercato di eToro, questa peculiarità lo rende particolarmente sensibile alle dinamiche interne.
Il FTSE MIB presenta una distribuzione settoriale che riflette chiaramente le priorità economiche italiane. I due settori dominanti sono banche e utility, entrambi strettamente legati alla domanda interna. Le istituzioni finanziarie, che costituiscono quasi un terzo dell'indice, dipendono direttamente dall'andamento del PIL nazionale. Le utility, altamente regolate, subiscono gli effetti delle politiche energetiche e dei consumi interni. L'autoveicoli occupano una percentuale significativa, mentre tecnologia e sanità rimangono sottorappresentati.
Questa struttura comporta una forte concentrazione del capitale. Le prime dieci aziende rappresentano oltre il 70% del valore totale dell'indice. Intesa Sanpaolo e Unicredit, da sole, contribuiscono per quasi un terzo del valore. Questa configurazione limita la diversificazione e aumenta la vulnerabilità agli shock interni. Al contrario, settori globali come la tecnologia e il farmaceutico, che potrebbero attutire tali impatti, hanno un ruolo marginale nel FTSE MIB.
In questo contesto, alcuni titoli minori hanno dimostrato performance notevoli. Aziende come Iveco, Buzzi, e Moncler hanno registrato rendimenti significativi, sebbene con un impatto limitato sull'indice generale. Queste eccezioni mettono in luce la potenzialità di crescita di alcune realtà imprenditoriali italiane, anche se non sufficienti a bilanciare la mancanza di competitività globale.
Nonostante queste sfumature positive, il quadro generale evidenzia le difficoltà del mercato italiano a competere con le grandi multinazionali europee. La mancanza di esposizione ai settori globali più dinamici rimane un ostacolo significativo per il raggiungimento di una maggiore stabilità e resilienza dell'indice.